Generalmente, mi ricordo una domenica di sole

Oh, ma quale luce irrompe da quella finestra lassù? Essa è l’oriente, e Giulietta è il sole. Sorgi, bel sole, e uccidi l’invidiosa luna già malata e livida di rabbia, perché tu, sua ancella, sei tanto più luminosa di lei: Non servirla, se essa ti invidia; la sua veste virginale e d’un colore verde scialbo che piace solo agli stupidi. Gettala via!

(Shakespeare, Romeo e Giulietta. Il perché della citazione vi sarà chiaro se leggerete tutto l’articolo)

 

Ultimamente fatico ad aggiornare il blog. L’estate sta arrivando, gli esami incalzano, gli impegni personali si sono fatti più fitti. Tutte comode scuse, la realtà è che sono uno sfaticato e preferisco lapidari stati su Facebook con cui si liquidano gli argomenti in meno di cinque righe.

In ogni caso, eccoci qui. Si parla, manco a dirlo, dei risultati elettorali: mettetevi comodi e preparatevi a festeggiare l’Anschluss, perché il titolo del prossimo paragrafo sarà

 

SIEG HEIL MERKEL

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(Lo Spread è con noi.)

Scorrendo gli interventi apparsi nei giorni scorsi su un qualsiasi social network, si realizza immediatamente quale sia la percezione dell’utente medio relativamente a quanto emerso dalle elezioni: quella del tifoso di calcio. Personalmente detesto le metafore calcistiche applicate alla politica, in quanto trovo che tendano a banalizzare qualcosa che dovrebbe avere un valore morale elevato. In questo caso, però, qualsiasi altra chiave di lettura risulta semplicemente fuori contesto.

Da una parte abbiamo i tifosi di Renzi, che hanno vinto il campionato: gioiscono, esultano, sfottono i perdenti.

Poi vengono i tifosi grillini: loro hanno perso derby e campionato, e mantengono un basso profilo. Qualcuno grida al complotto (Ricontiamoci!), qualcuno accusa gli elettori (“pecore che seguono gli 80 euro!”), qualcun altro, romanticamente, metabolizza la sconfitta e pensa al futuro.

Subito dietro, ci sono i tifosi del centrodestra. Fino a poco tempo fa, la loro squadra svettava in testa alle classifiche: ora vivacchia nella terra di nessuno e si limita a non fare troppi danni.

In mezzo a questi gruppi, un po’ di qua ed un po’ di là, ci sono gli “anti”. Questi non tifano per nessuno (o, se tifano, lo fanno in modo discreto), ma godono immensamente per le sconfitte altrui. I grillini hanno perso? Giù sfottò ai grillini.

Ultimi, arrivano i sedicenti tifosi DESINISTRA. Quelli di Tsipras, insomma. La squadra è oscena e gioca di merda, ma hanno preso il centravanti straniero che li ha trascinati in zona salvezza e ora gioiscono per non essere finiti nel limbo del “chiccazzo erano quelli?”.

Fino a qui, tutto molto bello. Vi siete divertiti, vi siete appassionati. Avete avuto momenti di gioia e momenti di dolore, provando empatia collettiva che vi ha fatto sentire fratelli. Avete giocato un buon campionato.

Ho solo una domanda.

Ma a che sport avete giocato?

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(il Dubbio assale l’elettore medio. Che cazzo ho votato?)

Lo chiedo perché, tra un carosello e l’altro, vi sta sfuggendo lentamente il senso della realtà relativamente alla portata ed al contesto di queste elezioni.

Andiamo per ordine: il parlamento europeo non legifera, ed è prevalentemente uno spazio di mediazione tra le esigenze nazionali. In seguito a queste elezioni, la schiacciante vittoria del PD in Italia indica piena adesione al progetto europeista (di cui il PD è, da sempre, il principale alfiere italiano) e subalternità totale alle decisioni sovranazionali.

Farage in Inghilterra e Le Pen in Francia spaccano perfettamente la continuità politica tra istituzioni nazionali e parlamento europeo, mentre la Merkel si riconferma tranquillamente alla guida della Germania. Le conseguenze logiche sono due:

1 – In uno spazio che serve solamente come luogo di mediazione, la mediazione sarà impossibile a causa dello scenario estremamente eterogeneo che si è venuto a creare.

2 – Gli unici due capi di governo usciti illesi dalle elezioni sono Renzi e la Merkel. La differenza sostanziale tra i due è la stabilità interna alla Germania del governo Merkel (unita alla sua potenza economica) contrapposta all’instabilità del Fonzie de noantri (unita ad una situazione economica disastrosa). Aggiungiamo a questo la cronica sudditanza psicologica che i governi italiani provano nei confronti dei crucchi, ed il risultato può essere solamente uno:

Merkel è l’unico capo di governo credibile in Europa, la Germania è al momento l’unico interlocutore a livello europeo per il resto del mondo. Ovviamente tutti i piddini che leggeranno sono liberi di credere che la Germania lavorerà nell’interesse di tutte le altre nazioni, un po’ come ha fatto dal 1915 ad oggi.

Però noi siamo avanti, questi problemi non ci riguardano.

Piuttosto, noi discutiamo di due tematiche di rilevanza assoluta:

1 – La lista Tsipras che, dall’alto del suo niente%, sta già lavorando per farsi annettere dal PD (la creduloneria dei giovani DESINISTRA non finirà mai di stupirmi… non hanno preso sufficienti bastonate, ne vogliono sempre di più…).

2 – Grillo che potenzialmente potrebbe allearsi in parlamento con l’UKIP di Farage.

OMMIODDIO L’UKIP DI FARAGE!!!!!1!!!1!!!1!!11111!!1ONEONEONE!!111!

Non appena questa notizia ha attraversato l’etere, legioni intere di giornalisti di Repubblica (e suoi derivati, vedi Il Fatto Quotidiano) si sono precipitate a scovare tutte le peggiori dichiarazioni esistenti proferite da membri dell’UKIP per informare i propri lettori di quanto NAZIFASCISTRONZI siano i rappresentanti di questa forza politica. Ma proprio tutte eh, hanno raccattato persino quelle dei consiglieri comunali in paesini di 120 persone.

Sia chiaro, non voglio qui difendere l’UKIP. Farage, ai tempi, mi ha eccitato non poco perculando Van Rumpoy, con quella mossa ha ottenuto la mia stima e non fatico ad ammetterlo, ma la sostanza del partito è quella di una destra che sento vicina a me quanto il batterio dell’escherichia coli.

Il punto che voglio sollevare è un altro: nella fretta di demonizzare Grillo attraverso la demonizzazione dell’UKIP, la stampa italiana tralascia un piccolo dettaglio delle ultime settimane che le elezioni europee hanno sapientemente coperto.

E qui si passa al secondo paragrafo, che intitolerò

 

GLI OCCHI FODERATI DI PROSCIUTTO

 

Perdonatemi se modifico di punto in bianco la tematica dell’articolo, ma il blog è mio e faccio un po’ come mi pare. Vi ricordate le proteste di Maidan? Dai, certo che ve le ricordate! Qualche mese fa, prima che la RUSSIA KOMUNISTA KATTIVA si annettesse la Crimea. Quelle della gente pacifica che credeva in un futuro migliore, la rivoluzione ucraina, ricordate? Avete postato un sacco di articoli pro ucraina, avete scritto pieni di speranza mista a sincero sdegno democratico “Sì all’ucraina in Europa! No alle ingerenze Russe! Putin go home!”, avete cambiato persino le vostre copertine Facebook.

Dai, ve la ricordate.

Ecco, come è andata a finire quella rivoluzione lì?

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(Così.)

Che cosa strana, la democrazia.

È assurdo come qualche facinoroso si metta sempre di impegno per rovinare i bei progetti.

Voglio dire, ok che l’operazione ha deposto un capo di stato legittimamente eletto. Ok che chi protestava, a Maidan, lo faceva ricevendo un compenso giornaliero che arrivava da casse americane. Ok che i “rivoluzionari” erano nutriti, armati e spalleggiati da USA ed UE. Ok che tra i “rivoluzionari” c’erano più infiltrazioni neonaziste che nella curva della S.S. Lazio… MA NOI AVEVAMO MESSO UN SACCO DI “MI PIACE” SU FACEBOOK!

Così non vale, mannaggia.

E niente, l’Ucraina sta così così. I nazisti che USA ed UE hanno insediato per aprire spazi democratici stanno compiendo genocidi nelle aree orientali del paese, ed alcuni oligarchi ucraini hanno creato eserciti di sbandati, ultras ed esaltati che stanno venendo prontamente armati ed addestrati. Il tutto per destabilizzare la Russia sulla pelle del popolo ucraino, mentre i nostri giornalisti continuano a definire “filorussi” quanti si oppongono al nuovo regime fascista e “truppe di Kiev” gli squadroni fascisti responsabili delle stragi.

Ma il problema è che Grillo può allearsi con Farage, oh.

Ultima, ma non per importanza, è la notizia che darà il nome al prossimo (breve) paragrafo:

 

 QUESTO AMORE È UNA CAMERA A GAS

 

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(Nasdrovje.)

La rilevanza mediatica delle europee e dei mondiali di calcio in arrivo ha leggermente oscurato (leggi: praticamente nessuno ha dato peso alla notizia) un fatto abbastanza peculiare avvenuto in questi giorni.

Russia e Cina, tramite Gazprom e China National Petroleum Corporation, hanno appena stretto un accordo trentennale per la fornitura di 38 miliardi di metri cubi di metano all’anno. Il valore del contratto è stimato intorno ai 400 miliardi di dollari. La notizia assume maggior rilevanza se consideriamo che la Cina importa annualmente 53 miliardi di metri cubi all’anno per sopperire alla sua domanda annua (150 miliardi di metri cubi).

Contestualmente, le due nazioni hanno:

–       Concordato un piano di costruzione delle nuove condutture da 75 miliardi di dollari

–       Concordato un progetto del valore di dieci miliardi di dollari per lo sviluppo di un aereo commerciale che competa con Boeing ed Airbus su voli a lungo raggio

–       Concordato la costruzione di uno stabilimento della cinese Great Wall Motors, in grado di produrre centocinquantamila veicoli a trazione integrale all’anno, nella Russia centrale

–       Concordato la creazione di una joint-venture tra aziende russe e cinesi che opereranno sul settore petrolchimico utilizzando tecnologie russe

–       Concordato la costruzione di ponti ed infrastrutture lungo il confine tra le due nazioni, al fine di favorire gli scambi e ridurre le tempistiche

–       Concordato di utilizzare le rispettive valute nazionali, e non più il dollaro, per questi scambi e per quelli futuri.

Non penso ci sia molto da commentare: non sarà una pietra tombale per l’era dell’egemonia statunitense, ma sicuramente è una spinta sull’acceleratore del declino di essa.

Nonostante tutti i colpi di coda possibili, stiamo assistendo alla fine di un impero.

Le liste civiche escono dalle fottute pareti!

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Disclaimer: articolo a vocazione prettamente localistica (se si esclude il finale). Chiedo venia ai lettori non appartenenti alla mia zona.

 

Prima di iniziare con questo post, è doverosa una premessa: sono candidato alle amministrative in una lista civica del mio comune, ergo tutto quello che state per leggere è sicuramente frutto di un’ottica assolutamente parziale, interessata e malevola.

In pratica, tutto come al solito.

L’essere coinvolti in una turbinante campagna elettorale è una esperienza interessante.

Peraltro io sono convinto che le campagne elettorali sviluppate in contesti medio-piccoli, come un comune montano, siano in assoluto le più violente ed, in qualche misura, le più divertenti. Da un giorno all’altro ti ritrovi a scoprire che qualcuno, dal nulla, ti odia a morte perché “sei andato con quelli là!” e la mole delle chicchere da bar relative alla tua famiglia viene arricchita dai complotti più fantasiosi che la mente umana possa concepire, oltre che ad avvenimenti mai accaduti che vengono presi per buoni a prescindere.

Per dire, una vecchina che adoro del mio paese da cinque anni si rivolge a me trattandomi come se fossi il presidente del consiglio (anche se alle scorse elezioni ho preso un valore numerico di preferenze inferiore alla sufficienza di un esame universitario e, di conseguenza, il mio ruolo amministrativo è stato paragonabile a quello del cespuglio nell’aiuola esterna al municipio).

 

Partecipare alla campagna elettorale di un comune ti costringe, a prescindere, ad uno sguardo d’insieme su come si orienti politicamente l’Appennino intero.

Storicamente, si sa, la provincia di Reggio Emilia è sempre stata “rossa”.

Partigiana durante la guerra, comunista nella seconda metà del ‘900, post-comunista dalla caduta del muro.

In questo contesto, le elezioni amministrative si sono sempre rivelate un banco di prova per lo schieramento politico che oggi tendiamo ad identificare come “di destra”, al punto che – fino alle scorse amministrative – la “lista civica” è stata il mezzo preferito delle compagini di centro e di centrodestra.

Generalmente, la ricetta era piuttosto semplice: un grosso calderone di democristiani, fascisti, leghisti, post-fascisti a cui si aggiungevano uno o due soggetti “di sinistra” che permettevano di spacciare la lista come civica. Questo avveniva principalmente perché era difficile proclamare la propria appartenenza a quel determinato schieramento in queste zone in cui l’avversario era, costantemente, la lista “di sinistra”: molto più semplice era tentare la via del trasformismo.

Cosa è cambiato, quest’anno?

Sul fronte “centro-destra” assolutamente niente, la ricetta è sempre quella. Ma sul fronte “centro-sinistra/sinistra”?

Qui sta la novità del duemilaquattordici.

I partiti di “sinistra” (relativamente a come poi venga intesa la “sinistra” in ambito ReggioEmiliaMontano si potrebbero effettivamente avviare analisi antropologiche su cui è meglio, in questa sede, soprassedere) sono scomparsi dai manifesti elettorali.

Il PD non esibisce il suo simbolo da nessuna parte: magari organizza la lista, ma la presenta con un nome diverso. Oppure la appoggia esternamente, quasi a voler rimarcare una volontà che è solamente di contributo a qualcosa di “altro”.

Nella sostanza, non cambia nulla: le famiglie importanti dei vari potentati locali (autori delle meravigliose politiche di sudditanza alle decisioni urbane sul destino della zona montana avvenute negli ultimi decenni) sono comunque ben rappresentate dai vari rampolli inseriti nelle liste e, quando non è il partito a dirigere direttamente le operazioni, queste vengono affidate a uomini o donne “nuovi” (estranei alla politica, magari anche persone in gamba) legati ad un guinzaglio che non sanno neppure di avere.

Ma l’estetica la fa da padrona: l’elettore ha la percezione di qualcosa di nuovo, di diverso. Di “rottamatore” e “rinnovato”, come va tanto di moda ora nelle politiche nazionali del nostro ducetto fiorentino.

Vi è, in questa impostazione politica, una ammissione implicita dolorosissima per i partiti che si sono sempre fatti belli del proprio radicamento territoriale: hanno realizzato di disgustare l’elettorato anche a livello locale. Lo zoccolo duro delle amicizie e dei rapporti clientelari esiste ancora, ma la percezione del partito tra la maggior parte della popolazione è di qualcosa di estraneo alla vita quotidiana persino della piccola comunità da cui trae la forza, di legato ad interessi più profondi e decisamente meno collettivi.

Si tratta di una mentalità per certi versi ancora non pienamente matura, ma che forse consentirà lentamente di far attecchire anche a livello locale l’idea che “politica” sia l’occuparsi della buona amministrazione della Polis (qui intesa come comune), e non della spartizione delle ricchezze territoriali tra determinate famiglie adducendo un ideale inesistente come pretesto per governare.

Chiudo con un augurio di buona campagna elettorale a tutti quanti, utilizzando questo testo che ho scritto per l’occasione (pensando proprio alla polis) con uno stile arcaico:

 

«Ti occupi di politica?» – immagina che queste parole te le dica Socrate, il barbuto maestro che morì bevendo un infuso di cicuta -, «E confidando in cosa? Dimmelo, o pupillo del grande Pericle. Di sicuro l’ingegno e l’esperienza ti sono arrivati presto, prima che ti spuntasse la barba!, già accanito  nelle cose da dire o da non dire. E allora quando il popolino è in tumulto e ribollisce per la rabbia, ti basta l’animo per imporre silenzio alla massa inferocita con un maestoso gesto della mano. E che cosa racconti, dopo?
“Cittadini, ciò, per esempio, non è giusto; questo è male, quello gli è preferibile”. Infatti sai pesare la giustizia sui piatti della bilancia incerta; distingui la linea retta anche se passa tra  le curve, o la squadratura inganna perché è storta, e sai marchiare il vizio con la condanna.
Ma perché dunque tu che di bello hai solo, inutilmente, l’epidermide, non cessi di scodinzolare precoce per il volgo che ti  adula?  Tu, che sei più adatto a tirare cocaina?
Qual è per te il massimo bene? Vivere una vita tra casseruole unte e curarti la pelle con frequenti bagni di sole? Attento, una qualsiasi vecchia risponderebbe allo stesso modo.
Nessuno cerca di scendere in sé stesso, ma ognuno spia nella bisaccia sulle spalle di chi lo precede!

 

Ipotizziamo che tu abbia chiesto: «Conosci l’azienda di TizioCaioSempronio?»; «Di chi?» «Quel riccone che a Casina ara tanta terra quanta non riuscirebbe a sorvolarne un uccello»; «Parli di quello sciagurato in ira a Dio, che quando deve festeggiare il cenone di capodanno, non volendo stappare una bottiglia di vino vecchio, piagnucola: “Alla salute”, mordendo una cipolla non sbucciata cosparsa di sale, mentre i suoi dipendenti festeggiano mangiando una pentola di minestra d’orzo e vino inacidito, coperta da una feccia che sembra uno straccio da cucina?»
Ma se riposi unto lasciandoti trafiggere la pelle dal sole, uno sconosciuto dà di gomito al vicino e insinua acido: «Bella moda depilare il pene e l’intimità delle cosce, mettendo bene in mostra i genitali unti!
Mentre ti pettini la barbetta sulle gote profumate di olio, perché la bega ti sporge dall’inguine depilata?
Anche qualora cinque estetisti si mettessero a svellere i tuoi fittoni, e con una pinza ricurva stancassero le tue natiche infrollite, tuttavia non esiste un aratro in grado di domare queste erbacce».

Bersagliamo, e a vicenda offriamo le gambe alle frecce degli altri.
Viviamo così, lo sappiamo. Sotto i tuoi fianchi si apre una ferita oscura, ma la copre una larga cintura d’oro. Puoi dare ad intendere a parole quello che preferisci, ed ingannare i tuoi nervi, se ne sei capace. «Se il vicinato mi definisce egregio, non dovrei credergli?» Ma se impallidisci, imbroglione, alla vista del denaro, e fai tutto ciò che garba al tuo pene, e peraltro sei persino un usuraio… avrai dato ascolto alla folla inutilmente, credulone! Rifiuta ciò che non sei, la gente si riprenda i suoi doni. Rientra in te: saprai quale breve scorta di virtù possiedi.

 

P.S. Beh, ovviamente il testo non è mio. Lo ha scritto Persio duemila anni fa, io ho semplicemente modificato qualche frase della traduzione in Italiano (per rendere più credibile l’auto-attribuzione dello stesso) lasciando inalterato il significato. Sono peraltro certo di non essere riuscito nel mio intento. Per chi volesse controllare, si tratta della sua quarta “satira”; dal canto mio posso solo constatare come questo testo sia vecchio quanto i vangeli e come, da allora, il mondo non paia essere cambiato più di tanto.